Tra due giorni il nostro primo charter lungo ben 3 settimane finirà. Il comandante mi chiede di telefonare a Mimmo. Lo guardo con occhi curiosi “ma sai che mio padre si chiama Mimmo?” ridacchiando confessa che è il nome del benzinaio di Reggio Calabria dove dobbiamo fare rifornimento a metà viaggio tra la Sardegna e la profonda Grecia, quella attaccata alla Turchia.
Quando capiamo che quindi stiamo parlando di due Domenico diversi il franco-tedesco mi chiede di mio padre. Gli racconto in maniera molto superficiale il profondo legame che ci unisce e il giorno di qualche anno fa in cui Mimmo mi confidava che uno dei suoi sogni è navigare una volta su una delle barche dove lavoro. Il capitano si lascia sfuggire un “forse” che so dentro di me che non sarà mai. Ma quel forse apre quel cassetto di desideri di coccole che vorrei fare alle 5 persone della mia famiglia di sangue.
Appena mi sdraio sul letto il cervello parte in una galoppata di possibilità organizzative per far si che mio padre possa raggiungermi su questa barca bellissima. Per una buona mezz’ora mi rigiro nel letto, poi decido di alzarmi. Impossibile dormire. L’emozione è forte, anche se nel profondo so che c’è una possibilità su mille. Vedere mio padre camminare sulla passerella di carbonio, sorridere come fa lui nel momento in cui la barca inizia a sbandare di bolina…
Impossibile dormire, decido di andare in coperta. Come un gatto, senza nessun rumore, raggiungo il pozzetto di poppa. Le luci del maestoso albero sono spente. Buio totale intorno a noi. Il cielo stellato mi circonda. Le ore passano ma non riesco proprio a far scemare le emozioni. Penso che in fondo questo lavoro è tanto tanto faticoso, ma poi se riesci a godere di queste piccole ore di pura natura allora…